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le 20 tesi d'arte

Arte romanica lombarda

1966 - testo e disegni di
                              Ivonne Favro

chiesa San Michele      -     Pavia

                     
Arte romanica
Siamo intorno al IX e fino al XII secolo quando si sviluppa una dei più grandi salti creativi della storia umana. Un fenomeno imponente che, accogliendo in sè ogni progredire dell'umanità, sfocia nella mirabile civiltà romanica.
Una grammatica dello "Stile Romanico" non si può dare. L'aderenza alla vita, al suolo, al materiale, alla tradizione, al sito fanno di ogni monumento romanico un singolo caso. Diversi stili vi si mescolano: il classico romano, il bizantino, il moresco, l'armeno, il barbarico. Eppure gli elementi di così diverse civiltà si fondono in una armonia bene individuata.
Rispetto alle età precedenti il romanico si contraddistingue per una felice conciliazione dell'universale col particolare. L'arte è ancora al servizio delle grandi idee collettive ma insieme corrisponde alle nuove aspirazioni individuali. La Basilica liturgica è ancora il tipo preferito di chiesa, ma ha fascinosi riflessi d'ombra e solitudini per la preghiera privata. Ogni oggetto sacro risponde perfettamente alla propria funzione e alle artistiche esigenze dello spirito senza trascurare quelle del cuore.

Il romanico dona un'impressione più toccante rispetto all'arte protocristiana dei primi secoli d.C. La Basilica latina aveva una maestà chiara e imperiale, la romanica è più intima, più delicata anche se di gran mole. Mentre accentua gli antichi effetti, ne suscita dei nuovi. Non solo è un vaso di contenuto sublime, ma è un organismo espressivo in ogni sua parte. Questo stile rifugge da ogni rigidità e da ogni monotonia. Dove l'antico avrebbe livellato le asperità del suolo, il romanico le scavalca, dove il moderno vorrebbe regolarità ad ogni costo, il romanico si piega e si adatta facendo talora volutamente irregolari la pianta e l'alzato. Ne derivano quelle delicate deformazioni, quelle improvvisazioni deliziose, quel vario e morbido che distingue un semplice muro romanico dalle costruzioni delle susseguenti età.
Nulla è fatto a stampo. La mano può essere imperita, ma lo spirito è presente in ogni parte. La produzione industriale a serie è sconosciuta. In questo senso il romanico è arte popolare, prodotta da un artigianato, sia monacale che laico, che gode del proprio lavoro e lo accarezza frutto di una economia primordiale, non da metropoli, ma da villaggio.
Principio formale di stile è la geometria intesa come norma spirituale che domina e cristallizza il mondo della natura e imprime nelle cose l'imperiosa e armonica volontà dell'uomo. La forza espressiva emanata dalle masse murarie e dall'armonico insieme delle strutture, sia interne che esterne, ha la stessa espressione nelle arti figurtive che ignorano i canoni della bellezza fisica nel senso classico. Solo in apparenza rozze e deformate, sono in realtà scaltrissime nella ricerca di armonie totali possedendo forse, come in nessun altro campo, il senso dell'ambiente architettonico. L'architettura è l'atmosfera astratta in cui vivono tutte le arti. Ciascuna è squisitamente orchestrata, vigilata e contenuta nell'area che le è propria.

Storicamente è notevole la nuova funzione del Nord rispetto al Sud. Le ricerche costruttive sono ora in mano ai popoli settentrionali, massime in Francia, da cui uscirà il primo corollario delllo stile lombardo: architettura ogivale, a sesto acuto.
Ma il mezzogiorno non è inerte, dopo aver dato nell'architettura lombarda la primizia dell'arte nuova già dal secolo VII, l'Italia apre generosamente i suoi porti artistici a tutte le forme più varie che elabora e compone all'unità con armonia mirabile.

Lo sforzo rimane così diviso: quella che era stata la gloria romana come ricerca di grandiose soluzioni razionali, viene affidata alle stirpi nordiche e l'Italia prende per sè il compito dell'antica Grecia ovvero di immettere i segni dello spirito nella materia e conquistarla per sempre ai superiori destini umani.
Questa preoccupazione di fare cosa armonica prima, che grande o solida è squisito Umanesimo, è già Rinascimento in atto.

L'arte romanica ha in Italia tanti aspetti quante sono le regioni, anzi, i centri storici che si distinguono in un ricco patrimonio, gruppi e tendenze che talora varcano il confine geografico e collegano fra loro arti lontane. Si formano varie scuole, tra queste vince le altre per originalità e organicità la scuola lombarda che si estende a molti paesi d'Europa non esclusi quelli fondati sull'arte bizantina.
         
La grande trovata degli architetti lombardi fu di porre le voltine delle cripte sui piloni delle basiliche e di sostituire le coperture a capriate suscettibili, troppo sovente, di rovine e incendi.
Si irrobustisce il sostegno sostituendo, alla colonna e al pilastro isolato, il pilone che ha lesene e mezze colonne su tutte e quattro le facce. Su questi aggetti del pilone si fanno ricadere gli archi longitudinali e quelli traversi che dividono le navate in spazi detti Campate. Sugli spigoli del pilone si impostano gli archi delle crociere, ovvero l'intersezione di due volte a botte o l'incrocio della navata con il transetto.
Nell'edificio così costruito agisce un gioco di spinte che farebbero sbandare muri e piloni se non intervenissero opportuni ripari. Gli archi delle navatelle controspingono quelli della navata maggiore e sono a loro volta sostenuti verso l'esterno dai robusti contrafforti nei muri perimetrali. Arco, pilone e contrafforte sono gli elementi dell'architettura lombarda nel suo pieno sviluppo. Ispirandosi alle basiliche a cupola dell'Oriente e ai vicini edifici a pianta centrale. L'architetto trova ancor modo di sopraelevare l'edificio in corrispondenza dell'altare, che ora viene portato all'incrocio della navata con il transetto, fuori dal presbiterio absidato.
Si giunge a questo sistema gradatamente, assimilando e sviluppando i vari sistemi e principi costruttivi che si erano venuti formando via via già dai romani. Nell'interno, sulle più piccole navate laterali, corre talvolta un matroneo, un loggiato interno, che con le sue crociere aiuta a controspingere le volte centrali. Ne deriva, alla chiesa, un ritmo elegante di pieni e di vuoti, di cavità ombrose e di superfici esposte alla luce, un bell'equilibrio di curve e di rette, un'armonia semplice di spazi quadrati e rettangolari.
La facciata mantiene, di solito, la disposizione basilicale, ma in Lombardia si adotta spesso la forma a capanna, cioè a due spioventi coprendo come un paravento la diversa altezza delle navate dove solo due sottili lesene o colonnine fanno intuire da fuori. Il portale assume un'importanza che non aveva nella basilica, esso è svasato con cornici e cordoni, con rilievi e statue e l'architrave si incurva in un timpano decorato a pittura o a scultura. Spesso, il portale, è anche preceduto dal Protiro sormontato a volte da una loggetta. Sorge già fin d'ora il rosone che si svilupperà nel Gotico. Internamente, sull'altare, si imposta una copertura a torre, il tiburio, con cupola a spicchi su tamburo poligonale, quasi monumentale ciborio a protezione del rito. Il raccordo tra la pianta quadrata e il tamburo poligonale è fatto per mezzo di nicchie o trombe a gradini. Ne deriva un gioco poliedrico di spigoli e superfici che donano all'architettura lombarda una determinatezza cristallina. Le volte a crociera sono su una pianta quadrata e per la ineguale larghezza delle navate ad una campata della centrale corrispondono generalmente due campate laterali, detto sistema alternato. Il ritmo dei pieni e dei vuoti, nell'ordine inferiore, è ripetuto nell'ordine superiore col rapporto di due a uno.
I temi proposti nell'Architettura Lombarda non erano esclusivamente religiosi. Se i regimi non richiesero subito e ovunque sedi monumentali, se alla costruzione dei castelli richiedevasi un arte militaresca cui variazioni furono quasi insensibili nel mondo finchè durò l'arma bianca, è però vero che l'architettura non trascurò i modesti temi della casa patrizia e popolana dei centri urbani, dei locali di servizio di cui il Medioevo fu più provvisto che generalmente non si creda.
Ma nessuno di questi temi stimolò la ricerca architettonica come quello che si proponeva per le chiese, coprire di volte la pianta basilicale.
Tutte le innovazioni di questo periodo caratterizzano i due principali edifici del romanico lombardo e dai quali poi presero spunto le successive costruzioni. Sono Sant'Ambrogio in Milano con i suoi due campanili e San Michele in Pavia.
            San Michele in Pavia  
La basilica di San Michele fu costruita nel VII secolo ma, a causa di un incendio nel 1004, venne ricostruita in pietra arenaria color ocra nel XI e XII secolo.
La facciata nella sua scabra rudezza è ben diversa da quella della chiesa milanese. Essa è pure "a capanna" ma ripartita in tre ampi specchi da costolonature che la percorrono per tutta l'altezza, fino alla galleria cieca di 21 arcatelle che è posta sotto la linea spiovente del tetto, composta da marmo di Verona nel fastigio, ovvero la sommità. Tali nervature possono rammentare quelle che erano in alcune facciate di chiese protoromaniche nel territorio dell'Esarcato, ma ciò che conferisce particolare carattere a questo edificio sono gli strani allineamenti di bassorilievi, quasi una vegetazione parassitaria molto rovinata che percorre la facciata in più strisce orizzontalmente. Esse ricordano sistemi decorativi propri dell'Asia Minore. Nella parte centrale 5 bifore, 3 monofore e una croce posta in centro tra i due occhi, precursori dei rosoni.
La base della facciata è divisa da tre portali a profonda strombatura con colonne e archetti ornati da sottili rilievi come preziose oreficerie. Tutto l'insieme possiede nella sua massa un leggiadro e originale movimento di giochi di luce e ombra dato anche dal sovrapporsi delle finestre monofore e bifore. Questo, mostra il progredire dello stile lombardo, il raffinarsi delle strutture nobilitate da un nuovo senso estetico onde appaiono sempre più nervose e lineari.
L'interno, austero, si svolge su tre navate con pilastri a fascio e galleria poggianti sulle due navate laterali, è dominato da un grandioso tiburio, la struttura che racchiude la cupola, e il transetto è accentuato dalla pesantezza di absidi laterali. Ma la maggiore altezza che nell'interno della costruzione hanno acquistato i pilastri, non solo conferisce nuovo slancio alla costruzione
avvicinandola a contemporanee chiese d'oltralpe, ma nel renderla più elegante le toglie un poco di quel senso accigliato e fiero che si sente come carattere essenziale della primitiva arte romanica. Ma l'architetto non si contentò di snellire il modello ambrosiano modificando la forma del presbiterio sopraelevandolo di molto al rimanente piano della chiesa, aprì anche il transetto con ampie volte a botte e sull'incrocio dei due bracci della chiesa mise una cupola poligonale con pennacchi, alta ben 30 metri. Esternamente questa è coperta da tiburio decorato da 8 arcate.
Sotto il presbiterio venne ricavata una splendida cripta sorretta da 12 colonnne che la dividono in tre navate
La pianta è a croce latina con un grande transetto ed è lunga 55 metri. Ha tre navate e quella centrale è doppia rispetto alle laterali, ciascuna navata ha poi un portale riccamente lavorato.
Le navate laterali sorreggono i matronei.
San Michele e Sant'Ambrogio rimasero i due edifici prototipo degli architetti romanici lombardi, le due costruzioni nelle quali i portali della nuova cultura architettonica e della passione costruttiva caratteristica dell'arte romanica trovarono in Lombardia la più alta espressione estetica e nei quali tutti gli elementi tipici di tale genere d'architettura ebbero una completa realizzazione. Queste due chiese servirono come modelli ad infinite altre nella regione e non solo.

Otto re d'Italia vi furono incoronati, il nono, Federico I detto il Barbarossa, fu incoronato nel 1155 nella chiesa ricostruita.


Siamo certi della sua forma perché, proprio a Pavia fu coniata la prima moneta del regno Longobardo (568-774) con la raffigurazione della chiesa di San Michele.
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