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le 20 tesi d'arte

Arte romana

1966 - testo e disegni di
                              Ivonne Favro

Colonna Traiana    -    Roma II sec d.C.

 
                     
La Colonna Traiana, inaugurata nel 113 d.C., fu la prima colonna con decorazioni che si avvolgono a spirale, partendo dal basso lungo tutto il fusto; per questo è chiamata colonna coclide.
E' l'unico monumento del Foro di Traiano non rovinato o distrutto, anzi è pervenuto fino a noi quasi immune dalle devastazioni barbariche, dalle turbolenze dell'epoca e dall'ignoranza del Medioevo. Tutto questo per l'importanza della figura dell'imperatore Traiano che nel Medioevo era circondata da una viva luce di leggenda. Ricordato dagli scrittori medioevali viene da loro citato ed esaltato per la magnanimità e per la giustizia, poi, con Dante, riceve il massimo di ciò che può dare la poesia.
Accennato nel X canto del Purgatorio per osannare la sua umanità nei confronti della donna cui uccisero il figlio, viene nuovamente esaltato nel XX canto del Paradiso tra gli uomini giusti.
Collegata a quest'aureola di bontà che circondava il capo dell'imperatore, nacque appunto la pia leggenda che suscitò la viva speme in papa Gregorio Magno a chiedere a Dio la salvezza dell'anima gloriosa del grande pagano, questi tornò in vita, credette e ottenne la salvezza.
Il fusto della colonna è di marmo pario, ovvero proveniente dalle cave dell'isola greca di Paro, e s'innalza per 100 piedi romani ovvero 29,77 metri sul livello del Foro.
Tutto ricorda le conquiste in Dacia, l'attuale Romania, condotte da Traiano.
L'altezza totale della Colonna compreso il piedistallo e la statua di San Pietro raggiunge i 39,86 metri.
                       

Anche nel basamento si inseriscono riferimenti alla conquista dacica con trofei di armi barbariche mescolate ad armi romane che, costituendo un motivo derivato dall'arte ellenistica, sono espresse ammassate in modo confuso.
Su un lato si apre la porta che conduce all'interno della colonna recando al di sopra, sostenuto da due Vittorie, il cartello contenente l'iscrizione che però, per modestia, non accenna affatto alle glorie militari che il monumento stesso in modo così abbondante illustra.
Il rilievo che gira a spirale come un gigantesco rotolo marmoreo di 404 lastre per 200 metri di lunghezza, comprende ben 2500 figure in numerose scene che si susseguono l'un l'altra secondo il metodo compositivo di narrazioni figurate, sicchè questo lungo incastro di rilievo si può considerare come un'illustrazione di 155 quadri di un racconto delle due guerre daciche, nel 101-102 e nel 105-107 d.C.

Siccome, purtroppo, del grande impero di Traiano non si posseggono che scarsi brevi
riassunti, così i rilievi della Colonna Traiana assumono per noi una importanza capitale per la conoscenza delle difficili imprese che valsero a dare a Roma una nuova e ricca provincia:
          la Dacia        
Sebbene la colonna, come tutto il Foro, possa essere stata eseguita da artisti greci, tuttavia i rilievi hanno un sentimento puramente romano; è verosimile che questi rilievi di carattere storico abbiano avuto il prototipo in monumenti ellenistici e noi dobbiamo rammentare le imprese galate di Attalo II° celebrate in gruppi statuari, ma è certo che, pur rimanendo forme e schemi dell'ellenismo, tutto è qui specifiatamente romano di contenuto. Sotto i nostri occhi si svolge ciò che costituisce il fiero mondo soldatesco romano sicchè, ben con ragione, fu detto che la Colonna Traiana è per la conoscenza della vita militare dei romani ciò che è Pompei per la conoscenza della loro vita civile. Essa è un autentico capolavoro, una creazione di una grandissima personalità di scultore che all'arte storica romana infonde una certa originalità con una rara interpretazione stilistica.
Sia i legionari che i barbari, sia le milizie ausiliarie di Roma, ognuno si manifesta nel costume militare, è proprio la realtà dell'azione veramente compiuta dai vincitori e dai vinti. Col medesimo realismo sono espresse le abitazioni dei Daci selvaggi e gli accampamenti, e pure le fortezze dei conquistatori.
Dall'arte ellenica hanno derivato le figure allegoriche e le personificazioni: il Danubio, la notte, Giove tonante. E' vero che questa illustrazione delle imprese guerresche di un principe può far rammentare quanto i despoti assiri o i Faraoni egizi vollero boriosamente ricordare sulle pareti dei palazzi o dei
Templi, ma, come giustamente fu osservato, la secchezza monotona degli animali scolpiti nei vetusti monumenti dell'Oriente distano tanto dalle vivaci scene veramente umane nella loro foga e passione sulla Colonna Traiana, quanto le aride cronache dei racconti di Livio o di Tacito.
I commenti sono portati anche a istituire un confronto col fregio del Partenone. E' stato osservato che, mentre nel fregio partenonico è espresso un popolo idealizzato in una tipica festa panatenaica, in onore di Pallade Atena e sotto il patronato delle più alte divinità dell'Olimpo, nel rilievo della Colonna si fa lo sforzo di rappresentare nel modo più realistico possibile avvenimenti storici. Colà tutto è innalzato in uno spazio ideale, non definito per la mancanza di accessori di un reale paesaggio, qui, invece, non è sfuggito agli artisti nessun particolare paesaggistico o dei costumi. Ogni tratto etnico è accuratamente espresso con verità ricercata anche nelle minuzie, pur tuttavia tale realismo delle parti non è affatto in contrasto con l'idealismo del tutto. In questo tutto si rispecchia la multiforme e complessa immagine della vita guerresca: marce, passaggi di fiumi, navigazione, consigli di guerra, scontri in aperta campagna, assalti, incendi, schiere di prigionieri, sacrifici. Negli episodi di queste guerre, ovunque troviamo la simpatica, la nobile figura del grande Traiano, ordinariamente di statura più alta di quella delle persone che lo circondano.
        Traiano            
Più di 55 volte egli è rappresentato e dappertutto dimostra la sua varia attività di generale e di soldato, di principe e di sommo sacerdote.
Nessuna biografia e nemmeno il panegirico di Plinio potrebbe offrirci una immagine più completa, più veritiera di quella che risulta dall'insieme di tutti quegli episodi di cui Traiano è, per così dire, il fulcro.
Certo è che i rilievi della Colonna non sono esenti da pecche. Vi è durezza, secchezza di esecuzione, vi è sovraccarico di figure, vi è sproporzione tra le figure stesse ed i particolari degli edifici e del paesaggio, vi è infine da parte del rilievo una usurpazione di ciò che è proprio solo della pittura. Tutto ciò però non sminuisce i pregi assai grandi di accuratezza del lavoro, della nobiltà sia delle scene di lotta che nelle scene di rito solenne. La storia figurata delle imprese guerresche di Traiano a buon diritto potè suscitare l'ammirazione di artisti come Raffaello (1483-1520) e Michelangelo (1475-1564).
La cella nella base aveva la funzione di sepolcro per le ceneri dell'imperatore e tutto il monumento poteva essere considerato il suo mausoleo con 4 aquile, simboli di Giove, ma anche di regalità e del potere divino.

La Colonna è di ordine toscano/etrusco, quasi una trasformazione dell'ordine dorico.

Sulla sommità la statua di San Pietro in bronzo.

Internamente alla Colonna una scala a chiocciola di 185 scalini conduce alla sommità, è illuminata da 43 feritoie e nel 1787 Goethe (1749-1832) salì in cima per ammirare il panorama commentandolo positivamente.

Tra gli avvenimenti delle due guerre, in mezzo a due trofei, vi è la gigantesca
            Vittoria alata          
che sta incidendo sul suo scudo le glorie romane. E' atteggiata nel famoso schema della fanciulla che interpreta la Vittoria di Brescia, ma una rigidezza incipiente già si diffonde nella figura.

Verso il termine della seconda guerra primeggiano due personaggi, l'imperatore e Decebalo contornati dai propri seguaci, due parti del corpo di una scena passionale e drammatica. Nel fondo è il campo da cui sono uscite le soldatesche per ricevere i vinti Daci, il tutto è reso in modo pittoresco e le figure risaltano magnificamente. Traiano assiso, riceve l'atto di sottomissione e di preghiera di Decebalo.
Questi è separato dai suoi Daci con un mezzo artistico che infonde più caloroso accento di

passionalità a questa resa. Il re in ginocchio stende ambo le braccia verso il magnanimo e fiero imperatore ad implorare la grazia per sè e per i suoi. Intorno le schiere dei romani orgogliosi innalzano le insegne a significare la vittoria. All'enfatica preghiera di Decebalo si accompagna la preghiera uniforme dei Daci, come un coro, nel quale si riperquote la tragica passione del suo capo. Due nobili barbari sono caduti a terra dinanzi a Traiano, segue poi, rompendo la monotonia degli schemi di figure inginocchiate, un gruppo di prigionieri in piedi e infine la lamentevole folla barbarica prostrata a terra con ritmico gesto delle braccia protese.
Nella scena osserviamo che:
a sinistra prevalgono le linee diritte verticali: vi è gioia e orgoglio;
a destra dominano le linee orizzontali: vi è doloroso abbandono e abbattimento.

Contrasto magnificamente raggiunto tra la gloria dei vincitori e l'onta dei vinti.
Con un'audacia che testimonia la sua grandezza, l'ignoto maestro scultore affronta tutte le difficoltà che gli offre la rappresentazione di una simile epopea. Egli è padrone di tutti i mezzi dell'arte: lo scorcio e la prospettiva non hanno segreti per lui che non teme di disporre le figure
su vari piani, di far giocare, negli sfondi, architetture grandiose o elementi paesaggistici pittoreschi. Se nell'arte ellenistica la scultura aveva aggiunto ai suoi mezzi espressivi il chiaroscuro, nella Colonna Traiana l'arte romana crea il vero e proprio bassorilievo pittorico che Donatello (Donato di Niccolò 1386-1466) saprà poi inserire nel Rinascimento, di cui diverrà la tipica espressione artistica.
Bastano pochi metri di rilievi isolati nei 200 dello storico rotolo, per imporre alla nostra ammirazione questo capolavoro che sintetizza l'arte plastica di Roma ed eterna nel marmo il suo spirito.

L'archeologo Bianchi Bandinelli definisce la Colonna Traiana il monumento artistico più bello di tutta l'arte di età romana.
Bene ha osservato che dal pathos della scultura traianea muove l'arte cristiana per esprimere l'individualità psichica dell'uomo.
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