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le 20 tesi d'arte

Arte barocca

1966 - testo e disegni di
                              Ivonne Favro

           Chiesa di Santa Chiara - Cuneo

                     
Francesco Gallo nato a Mondovì nel 1672 e ivi morto nel 1750. Si dedicò all'esercito, ma ferito gravemente nella battaglia di Orbassano al seguito di Vittorio Amedeo II contro la Francia, dovette abbandonare la vita militare dedicandosi completamente all'ingegneria civile.
Frequentò per qualche tempo lo studio del Bertola.
Iniziò dal 1702 la numerosa serie di chiese. Dal 1723 al '28 costruì anche, oltre al palazzo Durando di Villa a Torino, l'Ospedale Civile e la chiesa della SS. Trinità più tarda, ma unitariamente concepita a Fossano.
Incaricato dal Sovrano Sabaudo eseguì delimitazioni di confine e contemporaneamente iniziò quella serie ininterrotta di costruzioni religiose e civili che per un cinquantennio innalzò per tutta la provincia di Cuneo.
La sua personalità emerge e si manifesta soprattutto nella grande fabbrica del Santuario di Vicoforte Mondovì terminata nel 1733 dopo numerosi interventi a continuazione dell'opera iniziale di Ascanio Vitozzi.
Il Gallo fu il principe degli architetti piemontesi.
Costruzioni le sue, meravigliose, che attestano tutta la sua genialità e la signorile fantasia che brillantemente seppe imprimere nelle sue creazioni.

Il Settecento è stato il secolo d'oro per l'architettura piemontese, ma tra il fiorire di grande numero di costruzioni civili ed ecclesiastiche, il Gallo ha saputo tenere il primo posto. Siccome le sue opere sono quasi tutte nella provincia di Cuneo, poco visitata dai turisti e dagli amatori d'arte, il suo stile e la sua valentia non hanno avuto quel giusto riconoscimento che questo grande architetto merita.
Personalità la sua di grande versatilità, unita ad una solida cultura, rafforzata da un viaggio a Roma e maturata lungo l'intero arco della sua operosità mossasi da posizioni tardo-manieristiche e voltasi in seguito ad una personale interpretazione della cultura barocca.
E' opinione generale che la città di Cuneo così bella nella sua modernità non possegga alcunché di artisticamente rimarchevole tra le sue mura.
Erronea opinione perchè, se è vero che Cuneo non è ricca in questo campo come altre città della provincia, tuttavia raccoglie un buon numero di opere interessanti e pregevoli, purtroppo a volte dimenticate e per nulla valorizzate.
Tra queste si deve ricordare la chiesa di Santa Chiara, costruita in principio del XVIII secolo, negli anni in cui Cuneo si dotava di quelle meravigliose costruzioni: Sant'Ambrogio e Santa Croce.
          Facciata  
La chiesa di Santa Chiara fu innalzata nel 1712 e sulla facciata un'iscrizione rammenta anche il restauro fatto nel 1719 con il secondo del 1828. Non si conosce con certezza l'ideatore di questo bel tempio, si è però propensi nell'attribuirla all'architetto Francesco Gallo. Costruzione armoniosa nelle aggraziate linee architettoniche e pregevole per i numerosi e vivaci affreschi, non è assolutamente azzardato supporre che l'ideatore di questa costruzione possa essere stato proprio Francesco Gallo testé menzionato.
Diversi dati lo fanno presumere. La permanenza dell'artista monregalese in Cuneo per la elevazione di Santa Croce nel 1709 e di Sant'Ambrogio nel 1710, in secondo luogo le caratteristiche architettoniche che si riscontrano nel corpo della chiesa, in special modo nella facciata, caratteristiche comuni e ripetute in molte costruzioni del Gallo e, non ultima, la luminosità dell'ambiente voluta e studiata in ogni opera dell'artista monregalese.
La pianta della chiesa è a crocce greca, leggermente allungata dalle parti dell'entrata e dell'abside. Numerose lesene sopportano una ricca trabeazione sulla quale si aprono le finestre che arieggiano e illumunano l'ambiente.
Un catino rovesciato copre il punto d'incontro, ovvero la cupola, mentre volte a botte sono gettate sui quattro bracci.
Presbiterio e Abside
La facciata, grazie all'ultimo restauro effettuato nel 1964, è la parte artisticamente più bella nella sua elegante semplicità. Proprio qui si comprende come l'artista ideatore non fosse un mediocre ingegno, ma un uomo superiore, che con semplicità ed arditezza sapeva con poche ed eleganti linee creare il bello. Questo prospetto, benchè più semplice, può benissimo stare all'altezza di quell'interno meraviglioso che forma Sant'Ambrogio.
La facciata è composta di due rette oblique tra cui si svolge una linea curva concava. Un corpo centrale sporgente s'innalza nella parte mediana coronato da un frontone spezzato che finisce nel timpano triangolare. In questo corpo si aprono, al primo spazio, il portale, nel secondo un finto finestrone, entrambi contornati da volute e graziose cartelle in stucco, affiancati da due colonne a capitello ionico. Numerose lesene, sempre ioniche, intercalate da riquadri a modonature movimentano il prospetto e sostengano nella prima parte il cornicione divisorio e, nella seconda, il timpano. La facciata si presenta, col recente restauro, intonacata.
        Altare dell'Immacolata                
L'interno della chiesa presenta un aspetto superbo di una luminosità settecentesca di gusto Juvariano, contrario alle sorprese chiaroscurali del Guarini. Esso è tutto affrescato e per fortuna da artisti di merito che, nonostante il tempo trascorso, hanno lasciato delle pitture degne di una città quale Cuneo che mantengono tuttora i loro pregi essenziali quali il buon disegno e la tonalità calda e vivace dei colori. Quivi è la grazia settecentesca non disgiunta dalla robustezza e virilità dei cinquecentisti così cari al cuore degli italiani.
La decorazione è del luganese Antonio Pozzi e gli affreschi sono di Gian Carlo Aliberti. Artisti che hanno saputo compenetrarsi e creare un bell'insieme cromatico e organico, degno di una scrupolosa conservazione.
Il Pozzi unitamente al fratello Gian Pietro ha decorato nella prima metà del settecento un infinito numero di chiese della provincia di Cuneo, pare inverosimile che questi due artisti abbiano potuto lavorare tanto intensamente. Figuristi mediocri, ma affrescatori e decoratori insuperabili.
I loro lavori a base architettonica, miste a festoni floreali e a disegni geometrici, prive completamente di quei toni violacei attualmente di moda, danno all'occhio del
visitatore quel senso superbo di gaudio che solo può invadere l'anima di chi percepisce il bello.
Dell'Aliberti sono invece i grandi affreschi parietali e la cupola. Gian Carlo Aliberti, nato a Canelli nel 1662 e morto ad Asti nel 1740. Questo bravissimo artista lavorò molto in Piemonte e, nella provincia di Cuneo, lasciò dipinti, oltre che in Santa Chiara anche due affreschi nel coro di Santa Croce e un buon lavoro in San Gregorio di Cherasco.
L'affresco sinistro, per chi guarda l'altar maggiore, raffigurante Santa Chiara condotta in portantina verso l'altare da dove porterà via il SS. Sacramento minacciato di furto dai Saraceni, analizzato singolarmente è il più ragguardevole. L'affresco trattato in modo originale contorna una larga finestra e la luce indiretta è sbarrata da una robusta inferriata. Curioso è l'effetto che l'artista ne sa trarre da detta apertura di controluce, effetto veramente suggestivo ed originale che dà forza e contrasto alla pittura stessa.
          Cupola                    
Degno di attenta considerazione è il grande affresco della cupola, impressiona la grandiosità e la sicura trattazione con cui è concepita la glorificazione dei Santi, vivificata da una tonalità sentita, armoniosa e forte. In questa robusta concezione, si sente molto l'influenza del Correggio, influenza stranissima quando si pensa che l'Aliberti, per quanto risulta, non ha mai lavorato nel parmigiano. Ciò forse è spiegato ricordando che il nostro pittore lavorò a lungo in Cherasco e qui appunto potè a suo agio ammirare, studiare, assimilare il forte lavoro che il Taricco ha dipinto nella cupola coronante la chiiesa di Sant'Agostino che arieggia motivi del Correggio. E' noto infatti che il Taricco abitasse a Parma ed avesse colà frequenti contatti con le opere del Correggio, cosicchè il Taricco potè essere più tardi l'intermediario dell'influenza del Correggio sull'Aliberti.
Qui la visita del Papa Innocenzo III a Santa Chiara e il particolare.
L'Aliberti diede in questa chiesa di Santa Chiara un buon saggio della sua valentia, dimostrò con queste opere un ottimo e indovinato gusto del disegno, diede prova di essere signore di un'impareggiabile tavolozza unendo insieme vivacità e delicatezza, seppe inoltre dare un giusto rilievo alle sue figure.
          Miracolo dei pani                                        Visione di   S.     Chiara morente                 Talamone      
Se pure l'Aliberti ha molte scorrettezze nei contorni e se si ripete qualche volta nelle sue attitudini e nei suoi contrasti, si distingue però sempre per una giusta freschezza e buona morbidezza delle carnagioni.
E' un artista di merito che molto ha valorizzato il pregio artistico della chiesa di Santa Chiara in Cuneo.
Prima del restauro
Attualmente il già citato ultimo restauro del 1964, ha riportato alla loro originale bellezza i numerosi affreschi rovinati, in passato, da una grave infiltrazione piovana.
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